La pittura di Ines Renate Döllert o dell’Amore per il Colore e per la joie de vivre

di Emidio De Albentiis

La scoperta della pittura in Ines Renate Döllert è relativamente recente, risale infatti a poco più di cinque anni fa. Ma è stato ed è un amore travolgente, di quelli a cui è pressoché impossibile resistere, tanto forti sono le pulsioni che guidano a viverlo. Ines, peraltro, non partiva affatto da zero: oltre ad alcune esperienze artistiche precedenti, manifestatesi già nella prima giovinezza, tutta la sua vita professionale si è orientata verso il settore delle arti applicate, in particolare l’oreficeria, nella quale la Döllert realizza da gran tempo creazioni dal fascino fantasioso e dai mirabolanti effetti.

L’artista è tedesca, nata in una delle città germaniche, Colonia (nel Nordrhein-Westfalen), di antica origine romana, quasi un vaticinio pronunciato verso quella terra, l’Italia, che l’avrebbe irresistibilmente attratta qualche decennio fa al punto da decidere di rimanere per sempre nella nostra atmosfera mediterranea, scegliendo una città ammaliante come Perugia. Ma in realtà, come documentano i soggetti dei suoi quadri, è proprio l’Italia in sé (non solo il capoluogo umbro) a rappresentare per Ines un continuo scenario di emozioni e di meraviglia, dal mare di Vieste, a Procida, alla Sicilia, al Circeo…

È fondamentalmente la Natura, lo si sarà capito, a ispirare la pittura di questa artista che, dalla lontana Renania settentrionale, è venuta – seguendo le orme di tanti suoi gloriosi padri – a cercare negli orizzonti italici lo scenario che le facesse guardare il mondo con occhi sempre ridenti, anche se mai banali e superficiali, perché come si vedrà, proprio nell’amore verso la luce, gli oggetti e i colori si nasconde una volontà di aderire, si direbbe con una eco di panteismo spinoziano, al magistero della Natura. Né mancano, comunque, dipinti più inquieti, come, fra gli altri, due opere legate alla riflessione sulla pandemia, entrambe ambientate in un interno, Il ristoro del silenzio (con le persone prive perfino della forza di parlarsi tra loro) e Come eravamo… (nel quale la lenta ripresa sociale è quasi sospesa nella consapevolezza che ben difficilmente si ritornerà in tutto e per tutto alla situazione precedente al Covid-19).

Il legame tra gli artisti stranieri (non solo tedeschi) e l’Italia è plurisecolare, almeno dal Rinascimento in avanti (si pensi al solo Dürer), nutrito sia dalla memoria dell’Antico custodita dalla nostra terra sia dall’incanto della luce: ed è proprio quest’ultima la scintilla principale che si scorge nei dipinti di Ines, realizzati prevalentemente anche se non esclusivamente in acrilico su tela, una luminosità che assai sovente è un baluginio di tocchi di colore e che talvolta si fa più scura e crepuscolare, anche se mai con toni tragici, semmai con qualche venatura malinconica che l’artista intende comunque non far prevalere. Se la luce naturale è indubbiamente l’elemento-guida della pittura della Döllert, non si deve sottacere che anche i soggetti hanno un ruolo rilevante: alcuni li ho già nominati, ma non posso mancare di citare le suggestive opere dedicate proprio a Perugia e ai suoi spazi urbanistici e monumentali, come quella via dei Priori con la Torre degli Sciri che accompagna le giornate dell’artista che ha la sua bottega artistico-artigianale poche centinaia di metri più su.

Una pittura che si nutre di emozioni, sia quelle che Ines sente mentre s’ispira e dipinge, sia quelle che riesce a trasmettere a chi si sofferma davanti alle sue opere, spesso di dimensioni rilevanti: e si tratta soprattutto di sensazioni legate a una visione positiva della vita, dove le difficoltà cui tutti noi andiamo incontro (che comunque non vengono del tutto sottaciute), sono lasciate in una sorta di porta laterale a vantaggio di una adesione intima e sentita con la realtà che la circonda, similmente a come le capita nella bella casa-studio dove Ines ha deciso di vivere, immersa in un angolo suburbano di Perugia dove la Natura e i suoi colori sono gli elementi che la accompagnano nel suo cammino di ogni giorno.

C’è un ultimo elemento su cui vale la pena di soffermarsi con attenzione: la Döllert è portatrice, nel suo stile pittorico, anche di una componente che sembra derivare dalle sue stesse origini, un’inclinazione alla deformazione, ora più ora meno pronunciata, dei soggetti rappresentati. Se è facile il richiamo a una sorta di espressionismo ‘di derivazione’, è opportuno al tempo stesso non calcare troppo la mano su questa particolarità, dal momento che, come già si è messo in luce poche righe sopra, la tendenza a forzare l’immagine del reale non dà luogo all’urlo di una tragedia o di una ribellione (semmai – e non sempre – a una tenue malinconia): al più ciò equivale fondamentalmente a un surplus di sensibilità che non vuole comunicare altro che l’intensità emotiva che guida questa pittrice, nel solco di quella joie de vivre che più intimamente le appartiene.

Testo scritto in occasione della mostra Emozioni dipinte